venerdì 19 dicembre 2008

Cina, il sogno spezzato dell´energia solare

La recessione colpisce anche uno dei settori in maggiore espansione e le aziende licenziano i dipendenti La città di Wuxi era diventata in pochi anni la capitale mondiale delle fonti rinnovabili. Ora è al collasso, spiega Repubblica


Era fiera della sua nuova fama mondiale, la città di Wuxi. Grazie all´ascesa dell´azienda Suntech Power questo borgo nella provincia costiera del Jiangsu, a due ore di auto da Shanghai, era stato battezzato la capitale mondiale dell´energia solare. Nei pannelli fotovoltaici la Repubblica Popolare si è imposta come il primo esportatore mondiale, sorpassando sul fotofinish Germania e Giappone. E la Suntech era leader globale nel suo settore. Ma ieri in uno dei 48 reparti di produzione dell´azienda era visibile solo la guardia giurata. Ai tecnici e agli operai è giunto l´ordine di presentarsi un giorno alla settimana. La metà degli stabilimenti Suntech sono chiusi, duemila dipendenti licenziati. Tra i banchieri di Shanghai circolano voci di una possibile bancarotta. Da qualche settimana nelle oscillazioni frenetiche della Borsa cinese, che alterna ribassi per l´allarme-deflazione e rialzi per le speranze sulla manovra statale anti-crisi, l´unico settore che è andato sempre giù è il solare. Insieme alla Suntech Power anche SunPower, JA Solar, Ldk Solar, Trina Solar (nomi inglesi per facilitare l´export, ma proprietari cinesi) sono crollate inesorabilmente. Il presidente di Solar Enertech, Leo Young, evoca un´analogia sinistra: «Per il solare è giunto il giorno del giudizio come accadde per la bolla di Internet».Stiamo già abbandonando l´energia solare? Questo è il verdetto che arriva dalla Cina, il termometro più sensibile di quel che accade qui da noi. Perché se la Germania ha il maggior numero di centrali solari al mondo installate sul suo territorio, nella Repubblica Popolare invece la produzione di pannelli fotovoltaici è per il 95% destinata all´export, verso l´America e soprattutto l´Europa. Il crac del solare made in China è colpa nostra. In pochi mesi Wuxi è stata disertata dalle delegazioni di businessmen occidentali, hedge fund e banchieri d´affari, un tempo vogliosi di saltare sul carro in corsa delle fonti alternative. Nel 2007 la Cina era diventata l´epicentro di questa corsa all´"oro verde", l´energia pulita e rinnovabile che non emette un solo grammo di Co2 nell´atmosfera. L´anno scorso dalla Silicon Valley californiana e da Londra i fondi di venture capital avevano investito 2,8 miliardi di dollari nel solare cinese. Alla fine del 2007 per rispondere a questa irresistibile attrazione la Suntech aveva aperto per la prima volta una filiale a San Francisco. La produzione di pannelli fotovoltaici made in China era balzata fino a 1,088 gigawatt. Dei sedici maggiori fabbricanti mondiali di pannelli fotovoltaici, sei sono basati nella Repubblica Popolare e dietro questi grandi ci sono altri 400 piccoli produttori locali. Il boom del solare faceva parte di un trend più generale: a fine 2007 in Cina si contavano trentamila imprese attive nel business ambientale, con tre milioni di dipendenti e 700 miliardi di yuan di fatturato. Anche se nello stesso anno il gigante asiatico si era distinto per un sorpasso nefasto, togliendo all´America il primato mondiale delle emissioni di Co2, c´era un´altra Cina, la parte più avanzata del suo capitalismo, che aveva colto la nuova opportunità delle tecnologie verdi. L´evoluzione piaceva ai leader politici. Il presidente Hu Jintao e il premier Wen Jiabao, pur senza volersi legare le mani con gli impegni di Kyoto, negli ultimi due anni hanno cominciato ad aprire gli occhi davanti agli immensi danni di una crescita economica energivora e terribilmente inquinante. Il termine "sviluppo compatibile" è entrato nei discorsi ufficiali dei dirigenti di Pechino. Gli intraprendenti capitani d´industria che si erano lanciati nella produzione dei pannelli fotovoltaici erano l´avanguardia di una nuova Cina, il laboratorio di gestazione di un modello di crescita diverso. Lo choc della recessione ne ha messo a nudo la vulnerabilità.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

caro Luca,
grazie per aver riportato questo articolo: è davvero interessante! sicuramente sarà difficile per le aziende eco-sostenibili mantenersi competitive in tempi di crisi. Secondo me la lezione principale che emerge da questo esempio cinese è che è sempre più importante investire in ricerca e sviluppo, per abbattere i costi e migliorare le performance dei prodotti ecologici! che ne dici?
ho ripreso questo articolo anche nel mio blog. ti aspetto per continuare la discussione!

Anonimo ha detto...

Scusa, Angelo non Luca... (blush)