«Desidero annunciare che l'Italia, durante la presidenza del G8 nel 2009, promuoverà tutte le iniziative utili a facilitare il raggiungimento di un accordo a Copenhagen». L'assemblea plenaria del vertice climatico delle Nazioni Unite, che si chiuderà oggi a Poznan, ha tributato un caloroso applauso al ministro Stefania Prestigiacomo, forse accogliendo le sue parole come il segnale che il Consiglio europeo in corso a Bruxelles riuscirà a trovare un'intesa sulle misure contro i cambiamenti climatici. «Me lo auguro anch'io», commenta il ministro dell'Ambiente, subito dopo il suo intervento. Il guaio è che, a poche ore dalla conclusione di due estenuanti settimane di lavori diplomatici, non è ancora chiaro quali saranno gli esiti del vertice di Poznan.Ad ascoltare le dichiarazioni dei 140 ministri che sono sfilati ieri sul palco, il consenso sulle misure da intraprendere sembrerebbe abbastanza vasto da garantire un successo del summit polacco, al quale si chiede di tracciare soltanto la strada che dovrebbe portare, fra un anno esatto, alla firma di un Protocollo di Copenhagen, destinato a sostituire quello di Kyoto dal 2013 in poi. Ma è evidente che, un conto sono le dichiarazioni ufficiali, un conto le più riservate posizioni negoziali.Non a caso, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban-Ki Moon, nell'aprire i lavori di ieri, ha usato toni aulici. «Il mondo ci sta guardando. Le generazioni future contano su di noi. Non possiamo fallire», ha detto. «Non ci possono essere ripensamenti, al nostro impegno a ridurre le emissioni di anidride carbonica».Fatto sta che, sulla strada verso Copenhagen – 353 giorni, 22 ore, 11 minuti e 24 secondi, come si leggeva in quel momento sul diplay piazzato sul palco per esibire il conto alla rovescia – è facile che i governi di 190 Paesi del mondo saranno destinati a incontrarsi di nuovo, anzitempo. «Sto pensando di convocare un summit sul clima, in occasione dell'Assemblea generale del prossimo settembre», ha ammesso il numero uno della diplomazia internazionale. Segno che, di problemi da risolvere, ce ne sono ancora troppi.In verità, lo scenario sta cambiando rapidamente. «Gli Stati Uniti sono felici di concludere questa conferenza con una piano di lavoro che ci porterà verso gli intensi negoziati dell'anno prossimo», ha dichiarato Paula Dobriansky, viceministro dell'amministrazione Bush che, però, l'anno prossimo non ci sarà. «Siamo pronti ad assumerci la responsabilità per significativi tagli alle emissioni», ha rincarato poco dopo John Kerry, l'ex candidato alla presidenza, arrivato ieri a Poznan in qualità di inviato di Barack Obama.Negli ultimi due anni, lo stallo climatico internazionale era stato attribuito alla latitanza di Bush e al fatto che, sotto Kyoto, la Cina non ha obblighi. Ma ieri Moon ha apertamente elogiato Pechino per il suo atteggiamento e le sue azioni.«L'anno scorso – ha detto il ministro cinese Zhenhua Xie – abbiamo chiuso piccole centrali a carbone che producevano 14 gigawatt, e quest'anno altre per 14,5 gigawatt. Intanto, generiamo 164 gigawatt con l'idroelettrico, 10 con l'energia eolica e abbiamo installato 130 milioni di metri quadrati di pannelli solari. Nei prossimi due anni, investiremo 4mila miliardi di yuan (1,5 miliardi di euro) nelle rinnovabili, nell'efficienza energetica e nella protezione ambientale».E queste sono le dichiarazioni ufficiali. «La delegazione cinese – si legge in un documento riservato, tratto dai lavori di due giorni fa – esprime il proprio disappunto per il lavoro fatto sin qui. Ci sembra che i Paesi industrializzati stiano preparando la grande fuga da Copenhagen », il futuribile trattato che dovrà prescrivere anche gli impegni che i Paesi emergenti si accolleranno dal 2020 in poi.Ieri intanto, le associazioni ambientaliste hanno assegnato all''Italia il premio «Fossile del giorno», per le dichiarazioni rilasciate dal presidente Berlusconi al vertice di Bruxelles.
(Da Il Sole 24 Ore)
Per sapere come si muovono le grandi aziende italiane in campo ambientale vedi l’energia responsabile secondo Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni.
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