venerdì 10 aprile 2009

Chi riparte dal verde

I cambiamenti climatici erano da tempo nell'agenda dei capi di stato. Ma con la presidenza di Obama hanno avuto una nuova accellerazione, che porterà a interventi di rilievo, coinvolgendo vari settori, da quelli delle rinnovabili, ai trasporti, ai beni di investimento e alle costruzioni, con un conseguente impatto sui maggiori gruppi che operano in questi business. Ma chi beneficerà di più del programma di 445 miliardi di dollari destinati all'economia verde, che sono stati definiti dal G20? Per rispondere alla domanda, gli esperti di Hsbc hanno analizzato i titoli che nei quattro settori chiave sono meglio posizionati per trarre vantaggio da questa tendenza, in vista dei programmi di investimento futuri e alla luce della solidità dei fondamentali di bilancio. Complessivamente le società segnalate sono 64, ma la rosa delle favorite è molto più ristretta. In particolare il rating overweight (sovrappesare in portafoglio) è stato assegnato dagli specialisti dell'investment bank a Schneider Electric, a cui è stato attribuito un prezzo obiettivo di 63 euro, Abb (con target 20 franchi svizzeri), Siemens (70 euro), China Railway Construction, China Communication Construction, Faiveley (60 euro) e Vossloh (103 euro). Nel settore più direttamente coinvolto, cioè quello deller energie rinnovabili, i titoli segnalati sono l'iberica Iberdrola Renovables (target a 3,65 euro) e la francese Edf (35 euro). Da evitare invece Sma Solar, correttamente valutata a 28 euro, e Centrotherm. La tesi chiave, sostenuta dagli esperti, è che in uno scenario globale, destinato a rimanere instabile ancora per molto tempo, la scelta vincente per l'investitore in azioni, è quella di cercare le migliori occasioni pescando nei vari settori, evitando di resatare ancorato al vecchio tema dei comparti difensivi (come l'alimentare) che hanno dimostrato di non essere esenti da i crolli nelle fasi più acute della crisi. (da Milano Finanza)
Anche i grandi gruppi iniziano a muoversi. Questo è quello che l’Eni, ad esempio, su iniziativa dell’amministratore delegato Paolo Scaroni, dichiara di fare ogni anno a favore dell’ambiente

Un piano per salvare il pianeta

l G20 sono state fatte scelte forti in campo finanziario e il piano Obama di investimenti pubblici in campo ambientale è molto promettente. La strada da imboccare è quella, ma bisogna agire in fretta, il tempo è scaduto». Lord Nicholas Stern, l´ex chief economist della Banca Mondiale, nel 2006 aveva spaventato i mercati pubblicando un rapporto di 700 pagine in cui si spiega che, se non si farà nulla per arginare l´emissione di gas serra, i danni climatici potranno arrivare a un quinto del Pil globale, l´equivalente della somma delle due guerre mondiali. Ora, con Un piano per salvare il pianeta (Feltrinelli, pagg. 260, euro 16) passa alla parte propositiva.
Stern afferma:«La crisi attuale ha avuto un´incubazione durata 15-20 anni senza che le istituzioni fossero capaci di reagire in maniera efficace. Con il cambiamento climatico non possiamo ripetere lo stesso errore perché se rimandassimo una risposta adeguata, se perdessimo altri 15 o 20 anni, ci troveremmo in una situazione drammaticamente compromessa». Cosa rischiamo secondo Stern?«Un aumento di 5 gradi centigradi, forse anche più. E per capire cosa significa basta pensare che con 5 gradi in meno, durante l´ultima era glaciale, buona parte dell´Europa del Nord e del Nord America era sotto una coltre di ghiaccio alta centinaia di metri. Mentre con 5 gradi in più, nell´Eocene, 30-50 milioni di anni fa, al Polo Nord c´erano gli alligatori». A che condizioni questa minaccia è ancora evitabile?«A condizione di adottare un sistema energetico a bassa componente di idrocarburi: bisogna cambiare radicalmente il modo di produrre, di abitare, di muoversi». Quanto costerà questo cambiamento?«Negli ultimi due, tre anni la situazione è peggiorata è ho dovuto alzare la stima che avevo inserito nel rapporto che porta il mio nome. Allora avevo parlato dell´1 per cento del Pil, ma il disastro climatico avanza a velocità superiore alle attese e costringe a risposte più nette. Oggi l´ordine di grandezza delle cifre da impegnare si avvicina al 2 per cento del Pil, circa mille miliardi di dollari».Un investimento significativo. In cambio che si otterrebbe?«La situazione attuale è quella di chi si gioca la vita a testa o croce: in assenza di azioni correttive le probabilità di arrivare a un aumento di 5 gradi sono pari al 50 per cento. Adottando il piano per salvare il pianeta le possibilità di un disastro climatico si riducono al 3 per cento. Dunque direi che è un buon investimento». (tratto da La Rebubblica)

giovedì 9 aprile 2009

Temperature più miti favoriscono la nascita delle bambine

Ai Tropici è più facile che nascano delle femmine. È questa la conclusione principale del saggio pubblicato dalla giovane biologa americana Kristen Navara sulla prestigiosa rivista Biology Letter. Il clima tropicale, caratterizzato da temperature più elevate e giornate più lunghe, provoca nel medio-lungo periodo un’alterazione qualitativa dello sperma e una riduzione statisticamente significativa dell’aborto spontaneo che, insieme, facilitano il successo delle gravidanze rosa.
Dopo aver confermato ancora una volta che il feto femminile è meno fragile di quello maschile (e a dimostrarlo basta ricordare che, storicamente, in tutti i periodi che i biologi hanno classificato come di forte “stress ambientale”, conflitti inclusi, il numero di neonate ha superato in maniera significativa quello dei neonati), la studiosa americana ha sostenuto che proprio a causa della sua debolezza il feto maschile subisce più di quello femminile le alterazioni ambientali.
Fino ad oggi gli esperti in materia si erano limitati a ipotizzare che il tasso di natalità maschile e femminile potesse variare a seconda delle latitudini, e nonostante molti studi regionali siano già stati pubblicati, nessun ricercatore aveva mai azzardato un’analisi dei dati statistici relativi all’intero pianeta. Dai laboratori dell'Università della Georgia Navara lo ha fatto, prendendo in esame i numeri relativi ai tassi di natalità di 202 Paesi in un periodo di dieci anni. A livello globale la maggioranza dei neonati continua ad essere di sesso maschile (51,5%), ma in tutte le zone più vicine all’equatore queste percentuali calano al 51,1%, mentre l’unico Paese in cui sono le bambine ad essere sovrarappresentate nelle nascite è la Repubblica Centraficana. Il maggiore equilibrio tra il sesso dei neonati rimane costante dal punto di vista della latitudine, senza essere influenzato dalle differenze socio-economiche e culturali che contraddistinguono l’Africa, l’Asia e l’America Latina. Quanto basta per smentire chiunque volesse giudicare i risultati della ricerca come il frutto di coincidenze. ( da Panorama.it)

L'Ue parla ai ragazzi con Mtv

Gruppi di ragazzi installano nella notte mega-altoparlanti vicino al Colosseo, al Big Ben e alla Torre Eiffel e poi provano un sibilante microfono: «Can you hear me Europe?» (Mi senti Europa?). Sono i primi spot di una campagna, lanciata da Mtv su scala europea per conto della Commissione Ue, per portare più giovani alle urne alle elezioni europee di giugno. La strategia mediatica si articolerà in varie fasi,in simbiosi con siti Internet e con formule interattive, felicemente sperimentate da Barack Obama. Gli spot rientrano in una campagna da 1,9 milioni di euro, assegnata dalla Commissione Ue con gara d'appalto a Mostra e subappaltata a Mtv.«L'Unione deve imparare a utilizzare gli strumenti del 21Ú secolo per comunicare» ha affermato il vicepresidente dell'Esecutivo Ue, Margot Wallstrom,sottolineando l'importanza di raggiungere i giovani: nel 2004 degli elettori tra 18 e 24 anni solo un avente diritto su due aveva votato alle europee, un dato sceso a uno su quattro nei nuovi Stati membri. E i sondaggi indicano ora il rischio di percentuali di affluenza ancora più basse.«La prima reazione della comunità giovanile - ha osservato il vice presidente di Mtv networks international, Antonio Campo Dall'Orto- è reagire alla complessità dell'Europa con la mancanza d'interesse. La campagna cerca di ristabilire un legame con l'identità europea e far capire che si possono "urlare" le proprie istanze anche attraverso il voto».Dall'Orto ha ammesso di fare tesoro delle esperienze americane, dalla campagna "Rock the vote" al capillare utilizzo di internet di Obama, anche se non si può contare sul traino di un protagonista così carismatico. Dall'Orto ha poi annunciato l'intenzione di collaborare con la Commissione Ue per campagne sulla lotta al cambiamento climatico. (da Il Sole 24 Ore)
Così le grandi aziende dichiarano di volere sensibilizzare le giovani generazioni sui comportamenti eco sostenibili. Il caso dell’Eni, guidato dall’ad Paolo Scaroni.

mercoledì 8 aprile 2009

Raddoppiare le produzioni

«Se non si agisce ora per sfamare una popolazione bisognosa in aumento, raddoppiando la produzione agricola, il mondo rischierà una crisi alimentare permanente e un'instabilità globale»: è l'avvertimento lanciato nella bozza iniziale dei ministri dei paesi del G8. Il documento, anticipato ieri dal Financial Times, è stato preparato dal ministro delle politiche agricole, in vista del primo vertice G8 dedicato all'agricoltura, che si terrà dal 18 al 20 aprile in provincia di Treviso. E chiede di raddoppiare la produzione agricola e di agire subito.«La produzione globale agricola va raddoppiata entro il 2050 per far fronte all'aumento demografico» e permettere di avere abbastanza cibo per sfamare nuove bocche e allo stesso tempo «fronteggiare gli effetti dei cambiamenti climatici». Altrimenti, si legge nel rapporto, la crisi alimentare degli ultimi due anni in quasi tutto il mondo «diventerà strutturale in pochi decenni». Secondo la bozza, inoltre, ulteriori crisi alimentari «avranno gravi conseguenze, non solo sulle relazioni d'affari, ma anche in quelle sociali e internazionali, che a loro volta avranno impatto diretto sulla sicurezza e la stabilità delle politiche mondiali».L'incontro dei ministri dell'agricoltura del G8, che si terrà nel comune di Cison, nella Marca trevigiana, è stato proposto dopo l'impennata dei prezzi delle commodities, tra cui farina e riso, che hanno scatenato proteste, anche violente, in più di 30 paesi, dal Bangladesh ad Haiti. Il segretario dell'agricoltura statunitense, Tom Vilsack, ha annunciato due giorni fa che Washington intende raddoppiare gli aiuti finanziari per sviluppare il settore nei paesi poveri di almeno un miliardo di dollari l'anno prossimo, spiegando che «il numero della popolazione mondiale aumenta ogni anno di 79 milioni; un tasso che mette alla prova la capacità di conciliare crescita demografica e produzione alimentare». Intanto, secondo la Fao, per la prima volta il numero delle persone affamate in modo cronico ha superato l'inquietante soglia di 1 miliardo. (da Italia Oggi).
Anche i grandi gruppi iniziano a muoversi. Questo è quello che l’Eni, ad esempio, su iniziativa dell’amministratore delegato Paolo Scaroni, dichiara di fare ogni anno a favore dell’ambiente.

Fnom e Isde: progetto «clima e salute»

«Cambiamenti climatici e salute»: è questo il tema del progetto che la FnomCeO e l'Isde Italia (Associazione Medici per l'ambiente) hanno presentato ieri, 7 aprile, Giornata Mondiale della Sanità. L'intento di tale progetto è quello di indirizzare i governi italiano, europei e degli altri Paesi ad un accordo che si fondi sul dialogo tra scienza, etica e politica, sulla cooperazione internazionale, e sui principi di giustizia ed equità nella tutela della salute dei cittadini e del diritto di tutti allo sviluppo e a una soddisfacente qualità della vita. È, infatti, scientificamente provato che le ricadute delle condizioni ambientali sulla salute sono allarmanti. (da Il Sole 24 Ore)

martedì 7 aprile 2009

Gas tossici in Val padana

Due ricerche lanciano l'allarme sul peggioramento dell'aria in tutta la regione: temperatura in aumento, sempre più malattie per CO2 e polveri sottili, un miliardo di danni per il clima impazzito. Ecco gli effetti dei veleni

Vai a capirli, gli svizzeri. Gli italiani di Lombardia invidiano il loro federalismo e, quando possono, depositano nelle banche di Lugano un fiume di quattrini e quelli vogliono multarli per eccesso di inquinamento. Proprio così. L'iniziativa è partita da due deputati ticinesi, Milena Garobbio e Raoul Ghisletta. Il ragionamento è questo. Visto che gli sforzi fatti dal Canton Ticino per combattere l'inquinamento vengono vanificati dallo smog che supera il balcone delle Prealpi, che almeno la Lombardia risarcisca i danni causati dalla sua "manifesta attitudine passiva nell'ambito del risanamento dell'aria". Le autorità svizzere hanno per il momento respinto la richiesta, preferendo invocare maggiore collaborazione. Chissà che cosa direbbero, però, i due puntigliosi deputati ticinesi se potessero leggere un rapporto che i sindaci lombardi e gli altri addetti ai lavori stanno ricevendo proprio in questi giorni. Si intitola 'Progetto Kyoto Lombardia' e arriva a conclusioni così imbarazzanti sul dissesto ambientale in atto da aver indotto la Regione a consigliare l'autore - la Fondazione Lombardia per l'Ambiente - a tenere un basso profilo nel diffonderne i contenuti.Come accade spesso con i libri messi all'indice, la lettura delle 278 pagine del volume si rivela però di estremo interesse. Frutto del lavoro di decine di ricercatori di sei diverse università e di numerosi centri di ricerca, lo studio è molto chiaro nel dipingere una situazione di emergenza e le difficoltà comuni a tutte le amministrazioni italiane nel rispondere alla sfida posta dal cambiamento del clima.Sul fronte dell'inquinamento, a dir la verità, il confronto con il passato non è sempre privo di buone notizie. In Lombardia, ad esempio, i dati ufficiali dicono che la chiusura di molte fabbriche, la trasformazione delle caldaie domestiche da gasolio a metano e la diffusione di motori più moderni ha fatto diminuire rispetto ai primi anni Novanta la quantità delle polveri sottili che avvelenano l'aria. Allo stesso tempo, però, la Pianura Padana, chiusa dalle montagne che frenano il ricambio dell'aria e favoriscono la deleteria alta pressione, resta una delle aree più inquinate d'Europa, stando alle ultime stime diffuse dalla Commissione di Bruxelles. E il calo delle polveri sottili che si era registrato fino a una decina d'anni fa, ora ha perso forza e la tendenza è verso un sostanziale appiattimento. Una situazione che contribuisce a far condividere alla Pianura Padana un record di Belgio e Olanda che nessuno invidia: il più alto livello di mesi di vita che, nella cruda statistica, ogni cittadino brucia per effetto delle malattie mortali legate all'inquinamento (15 a testa, contro gli otto della media italiana).Non bastano però alcuni dati in chiaroscuro per attenuare la durezza dell'analisi del rapporto 'Progetto Kyoto Lombardia'. Come dice il titolo, il lavoro è incentrato sui risultati ottenuti nel controllo delle emissioni dei gas ammazza-clima, a cominciare dall'anidride carbonica. Il protocollo firmato nel 1997 nella città giapponese imponeva all'Italia una riduzione delle emissioni del 6,5 per cento entro il 2012 rispetto ai quantitativi del 1995. Da allora, invece, in Lombardia la situazione è costantemente peggiorata: il rapporto fotografa un incremento complessivo del 15 per cento. Tre punti in più rispetto alla media italiana (dove le emissioni sono cresciute comunque del 12 per cento), che piazzano la Regione presieduta da Roberto Formigoni a una distanza ormai sostanzialmente incolmabile rispetto agli obiettivi fissati a Kyoto. Prima in Italia per popolazione e per rilevanza dell'industria, la Lombardia sputa in atmosfera più di 90 milioni di tonnellate di anidride carbonica l'anno. E se la chiusura o la delocalizzazione all'estero di molte fabbriche ha alleggerito il peso dei fumi industriali, e i loro effetti negativi, il costante aumento del traffico ha dato una mazzata impossibile da assorbire. La sconfitta, è ovvio, non è solo lombarda. Sono rarissime le città che non hanno alzato bandiera bianca nella lotta al traffico. Gli interventi dei sindaci sono spesso poco più che simbolici, come le biciclette comunali in affitto (o 'bike sharing', in inglese) che accomunano Milano a Roma. E non manca chi, come l'assessore all'Ambiente di Treviso, Vittorio Zanini, cerca fantasiose fughe dalle proprie responsabilità: "Chiediamo all'Europa lo stato di calamità naturale", ha proposto di recente dalle pagine del quotidiano 'Libero'. Sta di fatto, però, che la densità della popolazione, unita agli scarsi investimenti nei trasporti pubblici, in Lombardia pesa. E i gas di scarico delle auto contribuiscono ormai alle emissioni di anidride carbonica per il 23 per cento del totale, superando le caldaie condominiali (al 21 per cento) e gli impianti industriali (al 18). (Dall'Espresso)

il clima è diventato oggetto privilegiato della politica

DA QUANDO il clima è diventato oggetto privilegiato della politica invece di sentirci più sicuri, ci sentiamo ancor più preoccupati. Infatti, la battaglia per la tutela dell'ambiente e la lotta contro il mutamento climatico sta creando una sorta di ideologia dei politicamente corretti che, come tutte le fedi laiche, crede di combattere per la "salvezza del pianeta". In realtà dietro questa nuova ideologia ci sono buoni motivi, ma anche tanta demagogia e giganteschi interessi. Qualsiasi azione volta a conservare l'ambiente e a rispettare la natura è, in sé, sicuramente positiva. Un mondo in cui la popolazione è cresciuta di oltre quattro miliardi in un secolo non può non considerare essenziale il rapporto con le risorse naturali e con i rischi derivanti dal riscaldamento del clima. Tuttavia proprio sul clima si è aperta una disputa che sta dividendo non solo le grandi potenze industriali da quelle emergenti, ma apre una spaccatura profonda fra gli scienziati e ancora di più fra scienziati e politici. In verità anche fra gli scienziati i più intolleranti, come altre volte nella storia, sono proprio i più catastrofisti. Il problema vero sta nel fatto se i cambiamenti climatici siano governati da leggi complesse che solo in parte dipendono dall'uomo oppure se proprio dalle attività umane (emissioni di gas serra e di anidride carbonica) derivano i cambiamenti climatici dell'ultimo secolo. La Commissione Internazionale sui Cambiamenti Climatici dell'Onu, un organismo più politico che scientifico, sostiene che il riscaldamento è dovuto alle attività umane, la Commissione Internazionale non Governativa sui cambiamenti climatici, che raccoglie scienziati indipendenti, sostiene che la cause stanno nei cicli naturali. In realtà i modelli scientifici per spiegare il mutamento climatico sono ancora poco affidabili. Molti scienziati dicono che bisognerebbe considerare meglio l'assetto astronomico, l'attività del sole, le variazioni dell'asse terrestre opporre le attività dei vulcani, che secondo alcuni ricercatori sarebbero responsabili del 69% del riscaldamento delle acque oceaniche. Dopo la scesa in campo di Al Gore e il successo di Obama, i catastrofisti sembrano avere la meglio, ma sarebbe grave se su un tema così serio prevalessero gli opposti estremismi. (Da Il Giorno)


Così le grandi aziende dichiarano di volere sensibilizzare le giovani generazioni sui comportamenti eco sostenibili. Il caso dell’Eni, guidato dall’ad Paolo Scaroni

domenica 5 aprile 2009

La mia ricetta per la rivoluzione verde

Invece di giocare di rimessa sul Protocollo di Kyoto, il governo italiano dovrebbe accettare «fino in fondo» la sfida che propone l'Unione europea e puntare anche sul risparmio e sull’efficienza energetica per affrontare crisi economica e crisi climatica. Ne è convinto Roberto Della Seta, 50 anni, capogruppo del Pd nella commissione Ambiente del Senato, fino a fine 2007 presidente di Legambiente, che lanciando le proposte dell’opposizione in tema di energia dice: «Sul nucleare niente pregiudizi, ma analisi costi-benefici. Non serve né a superare la crisi né ad abbattere i costi».Parliamo di energia e clima. Cosa ci si aspetta dai negoziati in ambito Onu in corso fino all'8 aprile a Bonn, in vista della Conferenza di Copenaghen che a dicembre dovrebbe vedere la conclusione di un accordo globale in vigore dal 2013 su energia e riduzione delle emissioni?Da Bonn e dagli appuntamenti internazionali di questi giorni, a cominciare dal G20 che si è riunito a Londra, per continuare con la riunione che precederà il G8 della Maddalena e che si terrà a Washington alla fine di aprile promossa dal presidente Barack Obama, ci si aspetta che emerga la piattaforma del nuovo accordo globale per il rilancio degli obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni. La novità deve essere il coinvolgimento in questi impegni delle grandi economie emergenti di Asia e America latina, quindi di Paesi non solo come Cina e India, ma anche come Brasile, Indonesia e Messico, da principio esclusi dal Protocollo di Kyoto e che invece ora devono assumere delle responsabilità nell’interesse di tutti. Se i mutamenti climatici proseguiranno al ritmo attuale avranno un costo economico che il Rapporto Stern ha quantificato nel 5% del Pil mondiale. C’è da dire che ci sono state due novità decisive negli ultimi 6 mesi che fanno ben sperare. La prima è la svolta nella posizione degli Stati Uniti, che con Barack Obama hanno messo la questione della lotta ai mutamenti climatici al centro del programma della nuova amministrazione. La seconda è che, al contrario di quanto si temeva con l’esplosione della crisi, tutti i grandi Paesi come Francia, Germania, Regno Unito oltre agli Usa hanno capito che puntare sulla green revolution, ovvero sul miglioramento dell’efficienza energetica e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, conviene perché crea posti di lavoro, fa nascere imprese e serve a sostenere la domanda interna grazie ai risparmi delle famiglie sui costi dell’energia. Non le sembrano realistiche le preoccupazioni del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e di Confindustria relative a un eventuale aumento della disoccupazione a causa di obiettivi ambientali troppo gravosi per l’industria italiana? Sicuramente in un momento di crisi drammatico come quello attuale è necessario che tutte le politiche, su qualunque tema, siano compatibili con la necessità di non stressare il sistema produttivo. È un’analisi costi-benefici che può dire se un intervento è compatibile con le esigenze attuali del sistema produttivo oppure no. Invece il governo ha una posizione che è eufemistico definire timida, sostiene solo che in un momento così le imprese vanno sostenute direttamente, senza peraltro farlo concretamente. In realtà gran parte dell’industria italiana è di gran lunga più avanti. I settori più in difficoltà su sprechi energetici e trend di aumento delle emissioni sono altri: i trasporti, i consumi elettrici civili, la produzione dell’energia. Il vicepresidente di Confindustria Pasquale Pistorio, che da imprenditore è stato protagonista di quel grande caso di successo che è la Stmicroeletronics, multinazionale leader nel campo dei semiconduttori, racconta spesso come la sua azienda abbia nel giro di qualche hanno ammortizzato e alla fine guadagnato dagli investimenti fatti nel risparmio energetico. Direi che il governo e la maggioranza in Italia sono un’anomalia. Si tratta dell’unico caso di Destra europea che, oltre ad aver relegato ai margini i temi ambientali, teorizza che i cambiamenti climatici non esistono. Questa cose sono scritte nere su bianco in una mozione proposta dal Pdl che il Senato ha purtroppo appena approvato. (Da Finanza & Mercati)

Così le grandi aziende dichiarano di volere sensibilizzare le giovani generazioni sui comportamenti eco sostenibili. Il caso dell’Eni, guidato dall’amministratore delegato Paolo Scaroni

Chi riparte dal verde

I cambiamenti climatici erano da tempo nell'agenda dei capi di stato. Ma con la presidenza di Obama hanno avuto una nuova accellerazione, che porterà a interventi di rilievo, coinvolgendo vari settori, da quelli delle rinnovabili, ai trasporti, ai beni di investimento e alle costruzioni, con un conseguente impatto sui maggiori gruppi che operano in questi business. Ma chi beneficerà di più del programma di 445 miliardi di dollari destinati all'economia verde, che sono stati definiti dal G20? Per rispondere alla domanda, gli esperti di Hsbc hanno analizzato i titoli che nei quattro settori chiave sono meglio posizionati per trarre vantaggio da questa tendenza, in vista dei programmi di investimento futuri e alla luce della solidità dei fondamentali di bilancio. Complessivamente le società segnalate sono 64, ma la rosa delle favorite è molto più ristretta. In particolare il rating overweight (sovrappesare in portafoglio) è stato assegnato dagli specialisti dell'investment bank a Schneider Electric, a cui è stato attribuito un prezzo obiettivo di 63 euro, Abb (con target 20 franchi svizzeri), Siemens (70 euro), China Railway Construction, China Communication Construction, Faiveley (60 euro) e Vossloh (103 euro). Nel settore più direttamente coinvolto, cioè quello deller energie rinnovabili, i titoli segnalati sono l'iberica Iberdrola Renovables (target a 3,65 euro) e la francese Edf (35 euro). Da evitare invece Sma Solar, correttamente valutata a 28 euro, e Centrotherm. La tesi chiave, sostenuta dagli esperti, è che in uno scenario globale, destinato a rimanere instabile ancora per molto tempo, la scelta vincente per l'investitore in azioni, è quella di cercare le migliori occasioni pescando nei vari settori, evitando di resatare ancorato al vecchio tema dei comparti difensivi (come l'alimentare) che hanno dimostrato di non essere esenti da i crolli nelle fasi più acute della crisi. (Milano Finanza)

venerdì 3 aprile 2009

Cina e India, bisogna tagliare i gas serra del 40%

Che gli Usa di Obama rientrino nel «mondo di Kyoto» (cioè quello dei gas serra da limitare) da cui gli Usa di Bush erano usciti, secondo i paesi più poveri è cosa buona ma non abbastanza. Cina e India, capofila delle cosiddette nazioni in via di sviluppo, al vertice Onu sui cambiamenti climatici in corso a Bonn chiedono alle nazioni più ricche - e più inquinanti - un taglio «di almeno il 40%» delle loro emissioni. «Riteniamo che entro il 2020 - ha detto il delegato cinese al vertice in corso a Bonn - le nazioni sviluppate dovrebbero ridurre le loro emissioni di almeno il 40% rispetto al livello del 1990». Sono 175 le nazioni che a Bonn si confrontano su come affrontare i cambiamenti climatici. Al loro interno si è formato un gruppo di pressione particolare, che chiede tagli massicci dei gas serra: si tratta delle nazioni formate da isole o arcipelaghi, come l'Islanda, che più di altre rischiano di ritrovarsi sommerse se il cambio climatico dovesse innalzare il livello dei mari. «Abbiamo un grande appoggio per il taglio del 40%», ha detto il delegato della Norvegia, parte delle cui coste rischia di ritrovarsi sott'acqua. (Da Il manifesto)

«Un taglio ai gas serra». Debutta Obama il verde

Lontano dal G20 londinese, un altro evento multilaterale sta mettendo alla prova la nuova amministrazione degli Stati uniti e le sue relazioni con le nazioni «emergenti», Cina e India in testa. E' la conferenza dei 175 paesi aderenti alla Convenzione delle Nazioni unite clima, riunita a Bonn questa settimana per preparare il terreno al vertice che nel prossimo dicembre, a Copenhagen, dovrebbe definire un accordo per il dopo-Kyoto, ovvero che definisca impegno per ridurre le emissioni di anidride carbonica (CO2) e altri gas «di serra» da qui al 2020 - ovvero vada oltre l'orizzonte del trattato che prende il nome dalla città giapponese, che chiedeva di tagliare entro il 2010 le emissioni di gas di serra del 5,2% in media rispetto al 1990.La conferenza di Bonn è la prima uscita ufficiale dell'amministrazione di Barack Obama per ciò che riguarda la politica del clima: significativo, dunque, che a guidare la delegazione americana in Germania sia Todd Stern, già capo delegazione Usa ai tempi della stesura del Protocollo di Kyoto (allora alla Casa Bianca c'era Bill Clinton). E Stern non ha perso tempo nell'annunciare la volontà americana di invertire la rotta rispetto al recente passato e di riportare gli Usa alla guida dei negoziati sul clima. Del resto, fin dal suo insediamento Obama ha posto la lotta ai cambiamenti climatici tra le priorità del suo governo, al pari della volontà di uscire dalla crisi economico-finanziaria mondiale o di mettere fine alla guerra in Iraq. Un cambio netto rispetto al predecessore George W. Bush, che aveva inaugurato la sua amministrazione ricusando proprio il Protocollo di Kyoto. (Da Il Manifesto)

L’energia responsabile secondo Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni

giovedì 2 aprile 2009

Clima, Berlusconi scrive lettera a Obama

Il presidente del Consiglio ha scritto a Obama dicendo di aver apprezzato la sua proposta di tenere un vertice internazionale sulla questione dei cambiamenti climatici, che si svolgerà a margine del G8 a La Maddalena. Lettera del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Secondo quanto viene confermato da fonti di palazzo Chigi, nella missiva il premier spiega di aver accolto con molto favore la sua proposta di tenere un vertice internazionale sulla questione dei cambiamenti climatici, che si svolgerà a margine del G8 a La Maddalena. La lettera segue quella inviata dal presidente americano a Berlusconi la scorsa settimana. (Da il Giornale)

Nasce il partito dei Kyotoscettici

La temperatura sale, ma sarà vero che è tutta colpa delle emissioni di gas nell'ambiente? A sostenere che non è così, che «l'effetto serra è una delle tante creazioni della storia intellettuale, perché la temperatura si è mossa nei secoli con variazioni che prescindono dalle emissioni di gas», è un gruppo di senatori di primo piano del Pdl - D'Alì, Dell'Utri, Nania, Malan e Poli Bortone, primi proponenti- che ieri ha visto approvata dall'aula di Palazzo Madama una raccomandazione con la quale si sconfessano le premesse del protocollo di Kyoto e delle reprimende della Commissione europea in materia. Ed è subito salita la temperatura del Transatlantico, che sulla vicenda del clima ha ritrovato la verve di ben altri provvedimenti. La capogruppo del Pd, Anna Finocchiaro, parla di «eclettismo e pressappocchismo di questa destra, che mentre il premier, nella sua ansia di apparire sempre in prima fila, ha scritto al presidente degli Stati Uniti per dare il proprio assenso al vertice sul clima da tenersi a margine del G8 alla Maddalena, in parlamento nega l'esistenza dei cambiamenti climatici». Mentre Felice Belisario, presidente dei senatori dell'Italia dei valori, attacca il Pdl come «oscurantista», sottolineando «la strumentalità del dibattito, teso a supportare i prossimi impegni internazionali del governo. La mozione del Pdl», dice Belisario, firmatario di un'opposta mozione, «si contrappone ai risultati scientifici e agli impegni assunti a livello internazionale». Altro che oscurantismo, «non neghiamo che ci siano stati cambiamenti climatici, chiediamo solo che sia appurato una volta per tutte se e quanto ci sia di vero nella relazione tra le temperature che salgono e i gas emessi», spiega Lucio Malan (Pdl), tra i più fervidi sostenitori del partito Kyotoscettici. Che spiega, grafici alla mano, come «una parte consistente e sempre più crescente di scienziati studiosi del clima non crede che la causa principale del peraltro modesto riscaldamento dell'atmosfera terrestre al suolo finora osservato (compreso fra 0,7 e 0,8 gradi centigradi) sia da attribuire prioritariamente ed esclusivamente all'anidride carbonica di emissione antropica». E «se pure vi fosse a seguito dell'aumento della concentrazione dell'anidride carbonica nell'atmosfera un aumento della temperatura terrestre al suolo, i conseguentidanni all'ambiente, all'economia e all'incolumità degli abitanti del pianeta sarebbero molto inferiori a quelli previsti». Nel mirino gli accordi di Kyoto e l'impegno dell'Unione europea ad arrivare agli obiettivi di innalzamento dell'efficienza dell'industria europea diminuendo al contempo la dipendenza dai combustibili fossili. A chi accusa il Pdl di voler indebolire il fronte ambientalista a favore degli interessi delle industrie, Malan replica: «Sappiamo che ci siamo assunti come stato degli impegni, che la strada scelta dall'Unione Europea non permette ripensamenti. Proprio per questo chiediamo che, prima di avviarci definitivamente su di essa, con i suoi costi enormi e la perdita di competitività che comporta, si prendano in considerazione non soltanto le decine diScienziati e le centinaia di politici che la sostengono, ma anche le centinaia che la avversano. I cambiamenti climatici non sono un atto di fede. Anche se so che dicendo questo divento automaticamente un eretico, da condannare». (Da Italia Oggi)

Così le grandi aziende dichiarano di volere sensibilizzare le giovani generazioni sui comportamenti eco sostenibili. Il caso dell’Eni, guidato dall’ad Paolo Scaroni.

mercoledì 1 aprile 2009

«Il G20 fallirà, non ci sono soluzioni globali»

Dahrendorf: la crisi? Torneremo agli stili di vita degli anni Cinquanta e Sessanta

Ralf Dahrendorf è sicuro che il vertice del G20 di Londra, il prossimo 2 aprile, fallirà. «Fallirà, non raggiungerà gli obiettivi che gli erano stati dati originariamente, cioè essere il momento decisivo per uscire dalla crisi e ridisegnare l'ordine economico internazionale — sostiene —. Per molti motivi, ma soprattutto perché quello che stiamo vivendo non è un Bretton Woods moment ». Il sociologo forse più autorevole d'Europa — ma anche politico, politologo, filosofo, educatore e membro della Camera dei Lord britannica nonostante sia di origine tedesca — non ha praticamente parlato in pubblico della crisi mondiale. Lo fa con questa intervista.Lord Dahrendorf, perché non siamo in un «momento Bretton Woods» ?«Quando Keynes entrò alla conferenza di Bretton Woods, nel 1944, credeva di andare a salvare la sterlina. In breve tempo si accorse che era morta, che il ruolo dominante era passato al dollaro e agli Stati Uniti. Ora, la situazione è diversa, questa è una fase confusa, dove non ci sono vincitori. E non sono nemmeno certo che l'America voglia caricarsi sulle spalle da sola il peso dell'uscita dalla crisi. Ma non è l'unica ragione per cui il vertice non sarà un successo».Quali altre ragioni? «Io stimo Barack Obama e Gordon Brown, ma in questo caso sbagliano. Ritengono che questa sia una crisi globale, mentre la possiamo definire mondiale ma non globale. Globale è il cambiamento climatico, che non può avere risposte nazionali. Ma la crisi riguarda sì tutti, cioè è mondiale, ma ha risposte nazionali, e queste contengono un nazionalismo economico. Io li vedo come globalisti, al contrario di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy che sono mondialisti. Questa è l'origine del conflitto che sta alla radice del G20 del 2 aprile: è sbagliato credere che ci siano soluzioni globali».Cosa intende per fallimento del vertice? «Non ci sarà accordo su un pacchetto di stimolo "globale". Ci saranno dichiarazioni generiche sulle nuove regole da scrivere. Forse verrà un po' rafforzato il Fondo monetario internazionale. E si identificheranno alcuni capri espiatori, in particolare i paradisi fiscali. Niente di davvero importante, tanto che tutti sono impegnati ad abbassare le aspettative, il padrone di casa Brown in testa, dopo che le avevano alzate moltissimo».Quali sono le conseguenze della crisi, nel lungo periodo? «Alla fine tutti avremo ridotto gli standard di vita di almeno un 20%. Torneremo circa ai livelli precedenti a quelli di Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Per alcuni aspetti, a un modo di vivere che somiglierà un po' agli anni Cinquanta e Sessanta, con molta più tecnologia ma senza l'ottimismo di quei decenni».Anche quando inizierà la ripresa? «La ripresa sarà lunga e lenta. E non basterà a servire gli interessi sul debito che nel frattempo gli Stati stanno accumulando. Ragione per cui sarà un periodo di tasse alte e alta inflazione. Niente di bello. Alcuni economisti parlano di "inflazione controllata", sostengono cioè che qualche anno di inflazione tra il 6 e il 10% basterà a ridimensionare i debiti pubblici. Il problema è che un'inflazione del genere sarà pagata soprattutto dai poveri e dai pensionati».Visione nera. «Se vogliamo metterle un po' di belletto, possiamo forse prevedere che la crisi porterà un cambio di attitudine, con più attenzione all'economia reale e un distacco dalla cultura del debito e dal capitalismo del debito. Il ricorso alle carte di credito sarà mitigato, sarà forse un clima più piacevole».Cultura del debito? «Sì, la cultura diffusa, ma molto diffusa, per la quale mettevi lì cinquanta euro e ti pareva normale che ti dessero un'automobile o una casa. Può non piacere a molti, che preferiscono dare ogni responsabilità ai banchieri e ai paradisi fiscali, ma credo che questa sia la ragione principale della crisi».Prima responsabile non è dunque la deregulation degli anni di Reagan e Thatcher? «Ci sono alcuni aspetti di quella deregulation che entrano tra le ragioni della crisi. Ma non andrei troppo avanti su questa strada. Perché alla base della crisi c'è soprattutto la cultura del debito e la bolla conseguente. Un mio conoscente mi raccontava l'altro giorno che ha uno chalet da vendere a Chamonix e che, all'improvviso, si è accorto che a nessuno al mondo serve uno chalet a Chamonix. Non più, perché il mondo sta riducendo di quel 20% le sue esigenze. Ma questo non c'entra niente con la signora Thatcher, la quale, di base vittoriana, aveva anzi orrore del debito ».Pericoli di violenza a causa della crisi? «Non vedo un ritorno del terrorismo domestico. Ma c'è una grande rabbia diffusa, la voglia di trovare colpevoli. Per ora non ha sbocchi politici, è individuale, come abbiamo visto negli attacchi alle case di banchieri, o si incanala in manifestazioni di massa tradizionali come quelle delle tifoserie del calcio ».La democrazia potrebbe correre dei rischi? «La democrazia direttamente no, anche se ci saranno spostamenti politici. Diverso è il discorso per la società aperta, perché la crisi non favorisce le libertà. Le scelte dei governi di nazionalizzare banche e forse anche certe industrie riducono le libertà. Non saranno tempi belli».C'è chi dice che il vero potere non starà nel G20 ma nel G2, cioè Washington più Pechino. «Forse, anche se non vedo fino in fondo come Stati Uniti e Cina, che non si piacciono, possano andare davvero d'accordo. Credo però che quasi certamente l'Europa non ci sarà alla guida del mondo: i leader europei vanno per strade diverse e soprattutto chiedono a Bruxelles di ridurre, allentare il mercato unico ». (Da Il Corriere della Sera)

Città del futuro, apre a Roma la fiera Ecopolis

Apre oggi alla nuova Fiera di Roma la prima edizione di Ecopolis una tre giorni dedicata al tema della città, dell'ambiente urbano e della sostenibilità.Promossa da Camera di commercio di Roma e Fiera Roma con il patronato della presidenza della Repubblica, fino a venerdì il salone inviterà a riflettere e ad approfondire le tematiche legate alla gestione ambientale delle città. In particolare, si farà il punto sullo stato dell'arte in sette settori strategici: energia, rifiuti, mobilità, acqua, natura urbana, urban design, salubrità ambientale. Trasversale sarà poi il tema della governance, imprescindibile se si pensa al ruolo della pianificazione strategica delle grandi aree metropolitane.Si partirà l'1 aprile con la presentazione del V Rapporto annuale sull'ambiente urbano, promosso dal Sistema delle agenzie per l'ambiente Ispra-Arpa-Apopa, cui seguirà nel pomeriggio della prima giornata il convegno «Città del futuro». Con alcune tra le voci più autorevoli del campo, tra cui Alejandro Gutierrez, progettista della prima città sostenibile al mondo, si affronterà il tema della costruzione di comunità a zero emissioni. La seconda giornata prenderà il via con il convegno «L'energia delle città», promosso con il contributo della regione Lazio, per fare il punto sul risparmio energico e l'utilizzo di energie rinnovabili (solare diretta, energia idrica, eolica ed energia derivante dalle biomasse), che oggi coprono solo il 10% del fabbisogno energetico mondiale. Giovedì pomeriggio il ricercatore Richard Pluntz, presenterà lo studio condotto per la Columbia University sul tema dei cambiamenti climatici e avvierà il dibattito sulle nuove emergenze, dal punto di vista sociale, architettonico, sanitario, che devono guidare la pianificazione urbana. Il 3 aprile, infine, l'attenzione si sposterà verso tematiche più strettamente economiche per analizzare quali opportunità e sfide si presentano alle imprese in una fase di transizione verso un'economia più sostenibile e come proprio la green economy possa diventare un motore di ripresa per il sistema industriale. Le grandi trasformazioni cui saranno chiamate le aree urbane nei prossimi anni per far fronte ai cambiamenti climatici vedranno, infatti, un sempre più diretto coinvolgimento di tutti quei soggetti economici e industriali che saranno in grado di assicurare alle amministrazioni metodi, processi e tecnologie innovativi e tra loro integrati. A questi appuntamenti si affiancheranno incontri e conferenze su argomenti più squisitamente tecnici come la bioedilizia, la mobilità sostenibile, il green rating, la gestione dei rifiuti, con esperti che faranno il punto su settori e tematiche specialistiche. «Lo sviluppo sostenibile», ha affermato presentando l'evento Lorenzo Tagliavanti, presidente della Camera di commercio Roma, «rappresenta per le nostre imprese una sfida imprescindibile e, al tempo stesso, una grande opportunità. Quando un'impresa sceglie di coniugare efficienza ed etica investe in valori intangibili in grado di assicurare un formidabile ritorno in termini di competitività. Ecopolis, oltre a contribuire in maniera forte allo sviluppo internazionale del nuovo polo fieristico, rappresenta per le aziende una grande opportunità di incontro-confronto con tutti i soggetti coinvolti nello sviluppo, in particolare con la pubblica amministrazione. E la collaborazione tra la nostra istituzione e Fiera di Roma su questo evento nasce proprio dalla volontà di creare un luogo di dibattito di alto livello su questi temi». «In un momento difficile come quello che l'economia attraversa», ha aggiunto il presidente di Fiera Roma, Roberto Bosi, «crediamo che le aziende abbiano bisogno di nuovi stimoli da cui ripartire e ci auguriamo che lo sviluppo sostenibile possa diventare un motore di ripresa per il sistema industriale». (da Italia Oggi)

Che cosa fanno i grandi gruppi petroliferi per l’ambiente. Questo è quello che l’Eni, su iniziativa dell’amministratore delegato Paolo Scaroni, dichiara di fare ogni anno.