venerdì 8 marzo 2013

Urina fossile e cambiamenti climatici

una procavia delle rocce
Notizia quantomeno curiosa letta sul National Geographic, che la titola ironicamente "Uno sporco lavoro".

Brian Chase, un ricercatore dell'Università di Montpellier in Francia, studia infatti l'urina fossile delle procavie delle rocce (Procavia capensis) risalente ad almeno 55 mila anni fa e utilizza i dati ricavati per ricostruire il clima sudafricano del passato. Queste ricerche, non solo permettono agli scienziati di descrivere il paleoclima della Terra, ma consentono anche di comprendere meglio i cambiamenti climatici in atto e gli scenari futuri.
Il nuovo studio ha rivelato, per esempio, che 12 mila anni fa, mentre i ghiacciai artici si stavano sciogliendo, in Antartide le temperature aumentavano. Chase ha presentato i risultati delle sue analisi durante il meeting annuale dell'American Association for the Advancement of Science, tenutosi a Boston all'inizio di questo mese. Grazie a studi precedenti aveva scoperto che 5.500 anni fa l'emisfero meridionale era molto più secco di quanto previsto dai modelli climatici, mentre in un articolo pubblicato nel 2011 sulla rivista Geology aveva spiegato che quando l’emisfero settentrionale si riscalda, l'emisfero meridionale si raffredda, e viceversa.
“Questo studio ha delle importanti implicazioni nella comprensione del sistema terrestre e di come questo risponda alle diverse forze, sia nel passato che in futuro”, ha affermato Chase.

giovedì 17 gennaio 2013

Ai cambiamenti del clima ci si può mettere al riparo

Nature Climate Change ha pubblicato uno studio condotto dall’università di Reading secondo il quale se si adottassero misure contro i cambiamenti climatici milioni di persone nei prossimi decenni potrebbero sfuggire a siccità e inondazioni. Gli esperti dicono che nel 2050 il mondo poterebbe essere domaninato da due scenari molto diversi.
-  Se nel 2016 la crescita delle emissioni fosse interrotta e la loro quantità ridotta ogni anno del 5%, tra 39 e 68 milioni di persone si risparmierebbero la siccità, e tra 100 e 161 milioni avrebbero un rischio molto ridotto di inondazioni.
- Se invece il picco della CO2 dovesse verificarsi nel 2030, e poi queste diminuissero sempre del 5%, si salverebbero tra 17 e 48 milioni di persone dalla siccità e tra 52 e 120 dalle inondazioni
Dati questi dati, come spiega Nigel Arnell, uno degli autori dello studio “Praticamente nel secondo scenario si avrebbero benefici inferiori del 50-75% e questo nonostante poi nel 2100 si raggiungerebbero più o meno gli stessi risultati in termini di aumento della temperatura”.

martedì 15 gennaio 2013

Eni: accordo vendita gas a Giappone e Corea del Sud per il gruppo guidato da Paolo Scaroni

Paolo Scaroni, ad di Eni
Paolo Scaroni, ad di Eni
Eni ha firmato un accordo trilaterale con la coreana Korea Gas Corporation e la giapponese Chubu Electric Power Company per la vendita di 28 carichi di gas naturale liquefatto (Gnl), pari a 1,7 milioni di tonnellate, nel periodo 2013-2017. Lo comunica una nota del gruppo guidato da Paolo Scaroni.

In base a questo accordo, che rappresenta il primo contratto di acquisto congiunto tra Giappone e Corea del Sud, i carichi di Gnl saranno approvvigionati dal portafoglio globale di Eni.  L'intesa si aggiunge al contratto firmato lo scorso anno per la vendita di 49 carichi di Gnl per il mercato giapponese, pari a 3,3 milioni di tonnellate.
(da Firstonline)

lunedì 3 dicembre 2012

Il buco dell'ozono non è mai stato così piccolo

Il buco dell'ozono si sta riducendo: è la buona notizia che arriva dalla NASA e dall’Agenzia Americana per l’Atmosfera e gli Oceani (NOAA), i cui satelliti monitorano incessantemente lo stato di salute del Pianeta. Il merito, spiegano gli scienziati, è dell’aumento della temperatura degli strati più bassi dell’atmosfera (la stratosfera), la zona in cui l’ozono si dissolve a contatto con i raggi ultravioletti emanati dal sole. In generale, stando alle rilevazioni effettuate dai satelliti americani, il 2012 è “partito bene”, registrando dimensioni del buco dell’ozono ben al di sotto dei pericolosi picchi dei decenni passati. In media il diametro del buco è stato di 17,9 milioni di kmq, con un picco registrato il 22 settembre scorso quando l’ampiezza aveva raggiunto i 21,2 milioni di kmq (pari a Canada, Stati Uniti e Messico messi insieme). Una dimensione che, secondo le rilevazioni NASA, è la seconda più piccola negli ultimi 20 anni. Un dato decisamente più basso rispetto al picco record di quasi 30 milioni di kmq registrata il 6 settembre 2000. “Il buco dell'ozono è causato principalmente dal cloro prodotto dagli impianti industriali e i livelli di questa sostanza sono ancora rilevabili nella stratosfera antartica”, ha spiegato Paul Newman, scienziato del centro “Goddard Space Flight” della NASA specializzato nei fenomeni atmosferici. “Quest'anno – ha aggiunto - le naturali fluttuazioni atmosferiche hanno portato a riscaldare la stratosfera e queste temperature più alte hanno portato a ridurre il buco dell'ozono”. Solo un fenomeno naturale, dunque, dai benefici effetti, perciò lo scudo che protegge la Terra, trattenendo quasi il 99% delle pericolose radiazioni ultraviolette che provengono dal Sole, si è notevolmente ingrandito. D’altra parte, anche il “buco dell’ozono”, cioè la diminuzione dello spessore dello strato di ozono che si trova nella stratosfera e che ci protegge, appunto, dai raggi ultravioletti, è un fenomeno naturale e temporalmente limitato alla stagione primaverile nelle regioni polari. O meglio, sarebbe un fenomeno temporalmente limitato e naturale se non intervenisse il venefico effetto dell’Uomo. La NASA, che monitora il buco nell’ozono sull’Antartide fin dagli anni Settanta, rilevò da subito un graduale allargamento del buco. A partire dagli anni Ottanta infatti - spiega Newman - si è osservato che accanto a questo fenomeno naturale alcuni gas artificiali come i clorofluorocarburi (Cfc) contribuiscono all’assottigliamento dello strato di ozono, diminuendo le difese naturali di Gea. Da allora il fenomeno è costantemente monitorato. Secondo gli scienziati americani però non sarà possibile tornare alla situazione precedente gli anni Settanta prima del 2065. Quando le proiezioni dicono che il costante e graduale abbattimento dei gas-serra, cioè i gas che aggrediscono l’ozono, potrà far tornare il sereno sull’Antartide.