mercoledì 10 dicembre 2008

Tanaka (Aie): un New deal per l'energia pulita

Dal Sole 24 Ore

Nobuo Tanaka la pensa diversamente. «Il rallentamento dell'economia globale non deve frenare gli sforzi per evitare cambiamenti climatici disastrosi. C'è bisogno che i previsti investimenti per stimolare l'economia vengano riversati sulle tecnologie rinnovabili e sull'efficienza energetica». A questo pensiero, il 58enne direttore esecutivo dell'Agenzia Internazionale dell'Energia (Aie), ha dato anche un nome: «il New deal dell'energia pulita». Forse un po' altisonante, forse un po' gettonato (dopo che il trionfo popolare di Barack Obama ha rievocato Roosevelt e la Grande depressione), ma– vista la portata della partita in gioco – un nome appropriato.Tanaka è a Poznan, all'estenuante vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, dove gli scienziati alzano i toni dell'allarme e i delegati governativi smorzano le aspirazioni del negoziato. Nei corridoi, gira già voce che il successo del summit 2009 a Copenhagen – da tutti indicato come l'inizio della pax climatica internazionale – sia già compromesso. Il che, è ovviamente eccessivo. Ma anche Tanaka, l'uomo che guida l'agenzia dell'Ocse nata all'indomani del primo shock petrolifero per difendere gli interessi energetici dell'Occidente, assicura che non è proprio il momento di tornare indietro, anzi. «Se vogliamo stabilizzare le concentrazioni di CO2 sotto la soglia delle 450 parti per milione, indicata dagli scienziati come la soglia di rischio – spiega – dobbiamo attrezzarci per diminuire progressivamente i consumi di idrocarburi fossili. Siamo tutti d'accordo che lacrisi finanziaria vada fronteggiata in fretta e che gli investimenti per stimolare l'economia sono necessari. Ma perché non farli finalmente in modo sostenibile? Perché non cambiare subito il modo in cui si costruiscono le case, in cui si organizza il trasporto pubblico? E perché non investire nelle infrastrutture di energia pulita? Ci sono benefici per tutti, nel breve e nel lungo termine».In realtà,a Tanaka –bersaglio degli strali ambientalisti quando ha suggerito un mix energetico con un 25% di nucleare – sta soprattutto a cuore il lungo termine. Un giorno, comunque vada, la crisi finanziaria finirà. E lì saranno fatalmente dolori. «È ancora possibile che la domanda petrolifera scenda, nel 2009. Ma a un certo punto riprenderà a crescere, e molto rapidamente. Proprio il contrario dell'offerta, soprattutto perché il basso prezzo del greggio sta facendo rinviare gli investimenti», sui giacimenti e le raffinerie.La somma di questa equazione è un possibile supply crunch, un'interruzione dei flussi petro-liferi, che l'Aie giudica possibile a metà del prossimo decennio. Lo scopo dell'agenzia è quello di evitare altri shock petroliferi, ad esempio gestendo un sistema di riserve strategiche, usato ogni qual volta si provoca un blocco dell'offerta, com'è successo quando Katrina ha colpito il Golfo del Messico. «Ma l'epoca del petrolio a basso prezzo è finita – sentenzia Tanaka – e i governi devono rendersene conto». C'è un problema economico. Ce n'è uno di sicurezza energetica. E pure uno ambientale.«È inevitabile che alle emissioni di anidride carbonica – spiega – venga assegnato un costo. E, secondo alcuni calcoli, finiremo a 180 dollari per ogni tonnellata di CO2 emessa» intorno al 2030, entro il quale dovremmo aver dimezzato l'emissioni-serra, secondo le raccomandazioni degli scienziati. Quindi è bene prepararsi.La crisi economica sembra destinata a rinviare gli investimenti nell'infrastruttura "fossile" e anche a scoraggiare gli investimenti in quella rinnovabile. Ma Tanaka, che prevede un'escalation della domanda di energia da qui a metà secolo, assicura che bisogna scommettere su tutte e due.«Ormai, la maggior parte della gente del mondo condivide questa necessità di trovare nuove risposte, al nostro fabbisogno di energia», riassume Nobuo Tanaka. «Fino al 2030, la produzione petrolifera potrà crescere, ma poi declinerà. I prezzi sono destinati a salire». Sembra il momento perfetto, per un New deal.

Anche i grandi gruppi iniziano a muoversi. Questo è quello che l’Eni, ad esempio, su iniziativa dell’amministratore delegato Paolo Scaroni, dichiara di fare ogni anno a favore dell’ambiente.

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