Articolo tratto da Il riformista
Undicimila partecipanti da 187 paesi. Capi di stato e di governo, rappresentanti del mondo degli affari e dell'industria, più di 400 tra organizzazioni ambientaliste e istituti di ricerca, 800 media accreditati da tutto il mondo. Se bastassero i numeri a decretare il successo di una conferenza, il meeting delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici - iniziato lunedì a Poznan, in Polonia, e che si chiuderà il prossimo 12 dicembre - sarebbe già un trionfo.
Ci sarà da combattere, invece, per raggiungere quelli che il segretario esecutivo della conferenza, l'incaricato Onu per il clima Ivo de Boer, ha indicato come gli obiettivi «possibili». Il meeting di Poznan è la tappa intermedia della road map partita l'anno scorso da Bali e che si concluderà l'anno prossimo a Copenhagen. Nella capitale danese, alla fine del 2009, si delineeranno le risposte della comunità internazionale per contenere il cambiamento climatico in atto a partire dal 2013, quando si chiuderà la prima fase del Protocollo di Kyoto.
Gran parte delle risposte che verranno dipendono però dai passi avanti che gli attori della conferenza saranno in grado di fare qui e ora, a Poznan. Nel 2007, ha detto de Boer, dalla comunità scientifica ed economica sono arrivati segnali chiari. Come il rapporto dell'Ipcc - il Comitato intergovernativo per i mutamenti climatici dell'Onu, insignito del Nobel per la pace nel 2007 -, che se da una parte ha definito in maniera inequivocabile le catastrofi alle quali andiamo incontro, dall'altra lascia speranze, considerato che oggi ci sarebbero le tecnologie per invertire il corso degli eventi. O come il rapporto di Sir Nicholas Stern, consigliere del governo inglese, secondo cui non intervenire in tempo porterebbe a un crollo economico paragonabile alle conseguenze di due guerre mondiali e della depressione del '29 messe insieme.
Ma si possono mobilitare le risorse finanziarie necessarie in tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo? Una domanda critica per de Boer, alla quale c'è però solo una risposta plausibile: sì, perché non farlo sarebbe un suicidio anche economico. «La comunità scientifica concorda sul fatto che un innalzamento della temperatura superiore ai due gradi porterebbe cambiamenti irreversibili», ha ricordato il presidente polacco Donald Tusk nel discorso di apertura del meeting. Se ci sarà un New Deal, allora dovrà essere un Green New Deal. Negli incontri preparatori che si sono tenuti durante il 2008 sono state avanzate proposte per oltre 700 pagine, che oggi sono state ridotte in un unico documento di 82 pagine. Bisognerà condensare ancora, per delineare interventi risolutivi e per non offrire ai paesi più riluttanti la possibilità di affondare l'accordo nel caos.
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