mercoledì 4 febbraio 2009

La new “Green Economy”

In America, complice la grande crisi che sta mettendo in ginocchio l'intera economia, dopo mesi di rialzi del costo del petrolio e allarmanti notizie sui cambiamenti climatici, la problematica energetica ha guadagnato il privilegio e l'onere di diventare argomento cruciale per l'americano medio che, anche con questi risultati elettorali, ha dimostrato di chiedere un cambiamento di rotta chiaro. Tra le priorità annunciate da Obama c'è invece l'esigenza di ridurre la dipendenza dalle fonti fossili di paesi instabili attraverso lo sviluppo di fonti di energia alternative, sostenuto da un fondo di 150 miliardi di dollari per il prossimo decennio. Non solo. Il piano è più ambizioso: ridurre le emissioni dell'80% entro il 2050, con costi per le aziende inquinanti ma con innegabili ritorni per le famiglie e per l'economia in generale. C'è la volontà di investire nella rete di trasporto pubblico, di ridurre la bolletta energetica in capo a famiglie ed aziende ma anche di aumentare l'occupazione, grazie alla creazione di nuovi di posti di lavoro nei settori green (bio-carburanti in primis). Una sinergia tanto più promettente perché si può basare sulle quelle che sono da sempre i punti di forza del sistema industriale americano: ricerca, innovazione, imprenditorialità. È un primo passo, un passo nella direzione giusta. Ma attenzione agli entusiasmi troppo facili: per vincere la s*da che abbiamo di fronte, per rallentare il cambiamento climatico rendendolo compatibile con la sopravvivenza della nostra società, bisogna fare di più. Jeremy Rifkin, il presidente della Foundation on Economic Trends, accoglie con prudente soddisfazione l'annuncio della nuova politica energetica di Obama. Sempre secondo Rifkin, oltre alle centrali elettriche bisogna puntare sugli altri due pilastri della terza rivoluzione industriale. Prima di tutto intervenire sugli edi*ci non solo per limitare gli sprechi ma per compiere un salto tecnologico più impegnativo. Case e uf*ci devono produrre energia, non consumarla. Ormai la tecnologia per arrivare a questo risultato è a portata di mano: coibentazione, pannelli solari che avvolgono l'edi*cio, geotermia, energia dai ri*uti e anche il mini-eolico faranno sì che le case si trasformino in micro centrali elettriche. Lovins è convinto che anche nella produzione energetica la rivoluzione sia già a buon punto. Un sesto della produzione mondiale di elettricità e un terzo di quella installata nel 2007 è derivata dalla microproduzione. Un dato che in pochi capiscono. La cogenerazione e le rinnovabili nel 2005 hanno aggiunto alla produzione mondiale quattro volte la quantità di elettricità immessa e undici volte la capacità di generare elettricità del nucleare, ma i fan dell'atomo continuano a dire che sono cifre piccole, limitate, e che ci vorranno decenni perché siano competitive. (Dal Sole 24 Ore)

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