Dal Sole 24 Ore
L'Unione europea punta con decisione a un patto globale per contenere i cambiamenti climatici in prospettiva della Conferenza Onu che si terrà a dicembre a Copenaghen. E prevede la necessità di un investimento globale di 175 miliardi l'anno dal 2020 in poi per contenere l'aumento della temperatura del pianeta al di sotto dei 2 gradi rispetto al periodo preindustriale, evitando conseguenze pericolose.Il commissario Ue all'Ambiente, Stavros Dimas, ha presentato ieri a Bruxelles la strategia europea post-Kyoto sul clima, per il periodo seguente al 2012. L'obiettivo è di arrivare a un consenso sul taglio del 30% delle emissioni di Co2 da parte dei Paesi sviluppati entro il 2020, andando al di là del 20% che l'Unione europea si è comunque unilateralmente impegnata a conseguire con il pacchetto di misure approvate nel dicembre scorso. «È necessario un accordo globale stavolta » ha affermato Dimas, spiegando di aver ottenuto dal neopresidente Barak Obama assicurazioni sul pieno impegno degli Stati Uniti in tal senso. «È una grande novità rispetto all'era Bush che minacciava il veto su questi temi», ha detto il commissario, precisando tuttavia chela nuova amministrazione Usa probabilmente non sarà in grado di presentarsi a Copenhagen con una Borsa dei permessi di emissioni già operante, come quella europea.Le proposte della Commissione prevedono entro il 2015 l'istituzione di un mercato di Co2 globale, che copra tutti i Paesi dell'Ocse e lo sviluppo di fonti di finanziamento innovative basate sulle emissioni dei Paesi e sulle loro capacità finanziarie. Dimas ha però sottolineato che per arrivare a un accordo internazionale a Copenaghen è essenziale che i Paesi ricchi garantiscano ai Paesi in via di sviluppo i finanziamenti necessari. "No money, no deal" (niente patto senza denaro), ha avvertito il commissario.Gli investimenti globali dovrebbero aumentare progressivamente, culminando in 175 miliardi di euro aggiuntivi l'anno nel 2020, al netto dei ritorni derivanti dal risparmio energetico o dalle energie rinnovabili. Secondo la Commissione, una buona parte di questa cifra, attorno ai 95 miliardi di euro, dovrà essere investita nei Paesi in via di sviluppo. Il documento dell'Esecutivo Ue, tuttavia, non contiene più la proposta (presente nelle bozze di lavoro precedenti) dell'impegno esplicito europeo a finanziare con 30 miliardi di euro gli investimenti nei Paesi più poveri. Dimas ha però sostenuto che i finanziamenti pubblici necessari potranno essere ricavati da due diversi meccanismi, magari combinati insieme: un contributo dei Paesi ricchi proporzionale al Pil pro-capite, e un prelievo dagli introiti del commercio dei diritti di emissione. Il commissario ha anche sottolineato come le economie emergenti - Cina, India, Brasile, Messico - saranno a un certo punto in grado di "pagare da sole" per le misure contro il cambiamento climatico, senza dipendere più dalle sovvenzioni degli altri Paesi industrializzati.
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