Da l'Unità
Taglio del 30% entro il 2020 delle emissioni di Co2 dei Paesi sviluppati. Coinvolgimento dei Paesi in via di sviluppo e investimenti mondiali nella lotta al cambiamento climatico per 175 miliardi di euro all'anno fino al 2020.È questa la proposta della Commissione europea, presentata ieri dal commissario Ue all'Ambiente Stavros Dimas, per un accordo globale post-Kyoto alla conferenza Onu di Copenhagen di dicembre.Con la svolta ambientalista degli Stati Uniti, seguita all'elezione di Obama, l'Ue sente il traguardo più vicino. Del resto, ha osservato Dimas, il negoziatore americano sul clima designato da Obama è lo stesso Todd Stern che per conto di Clinton contribuì a ideare il protocollo di Kyoto.Il problema però, in tempi di crisi economica, sono i soldi. «Senza un pacchetto finanziario credibile non ci sarà accordo a Copenhagen», ha ammonito il commissario europeo: «no money, no deal», niente soldi, niente accordo.La proposta della Commissione, che i Ventisette dovranno approvare nel Summit del 19-20 marzo, prevede quindi l'istituzione entro il 2015 di un mercato del carbonio che comprenderà tutti i Paesi Ocse. Questo servirà a reperire i fondi, insieme a «fonti innovative di finanziamento internazionale basate sul principio 'chi inquina paga'». La metà dei 175 miliardi all'anno servirà ai Paesi in via di sviluppo, a cui non si chiederanno impegni vincolanti ma piani per ridurre la crescita delle emissioni del 15-30% rispetto ai livelli previsti a politiche invariate.«L'Europa va avanti con il suo progetto», ha commentato l'eurodeputato del Pd Guido Sacconi, «altro che le frenate di Berlusconi sul pacchetto clima!».
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