Da Repubblica
Karasjok, nella Norvegia settentrionale, è uno dei luoghi più freddi d´Europa, nel 1886 ha registrato 51 gradi sottozero. Nei giorni scorsi vi faceva più caldo che a Piacenza, con "soltanto" meno nove gradi, nel buio della notte polare. Lassù il dicembre 2008 si è chiuso con sette gradi oltre la media. Quindi, mentre nell´Italia innevata il riscaldamento globale non va più di moda, in Scandinavia si potrebbero fare titoli cubitali sulla sua avanzata. L´aggettivo "globale" serve proprio per evitare questo continuo rumore di fondo focalizzando l´analisi su un dato significativo per l´intero pianeta. Michel Jarraud, segretario generale dell´Organizzazione Meteorologica Mondiale ha dichiarato che «nonostante l´attuale freddo sull´Europa centro-meridionale, la tendenza generale rimane senza dubbio verso il riscaldamento». Ed è la stessa agenzia internazionale, che dal 1951 coordina le osservazioni meteorologiche di tutto il mondo, a ribadire che il 2008 è stato il decimo anno più caldo dal 1850 (il settimo in Italia dal 1800, dati Cnr-Isac) e ha visto una stagione degli uragani atlantici tra le più attive, con 16 eventi. E i ghiacci artici in aumento? Frutto di un frettoloso giornalismo in cerca di scandali, basato su dati non correttamente interpretati a causa di differenti satelliti utilizzati dal 1979 a oggi per misurare la banchisa artica. (AspoItalia ha fatto chiarezza qui: www.aspoitalia.it/archivio-articoli). Ma è assurdo trasformare il problema del cambiamento climatico antropogenico in uno scontro da tifoseria calcistica: oggi fa freddo uno a zero per i negazionisti, domani fa caldo e segnano i serristi. Così come è assurda la divisione, aggressiva e improduttiva, tra elenchi di scienziati pro e contro: la scienza non si fa a maggioranza, ma verificando le ipotesi con fatti ed esperimenti. L´Ipcc, tanto vituperato quanto poco conosciuto, non è certo depositario di verità assolute, ma ha posto in essere dal 1988, anno della sua fondazione, un serrato processo di validazione dei dati che è quanto di meglio oggi si sia riusciti a mettere in atto con la cooperazione di tutti i governi. Il riscaldamento degli ultimi decenni è inequivocabile e l´aumento dei gas serra è il processo fisico che ha maggiori probabilità di spiegarlo, come aveva già intuito nel 1896 il chimico svedese Svante Arrhenius. Sulla previsione del futuro le incertezze sono molte di più, lo diceva già il Nobel per la fisica Niels Bohr, ma da quando nel 1967 Syukuro Manabe e Richard Wetherald del Geophysical Fluid Dynamics Laboratory di Princeton elaborarono la prima previsione numerica computerizzata del riscaldamento atmosferico causato dall´aumento dei gas serra, qualcosa si è imparato e il legame più CO2 uguale più caldo non è mai stato smentito. Semmai è la complessità delle interazioni nell´intero sistema terrestre � atmosfera, oceani, ghiacci, suoli, foreste, alghe, batteri, uomo � a rendere per ora limitata la comprensione del problema. Il fatto che poi le risposte all´aumento della concentrazione di gas serra siano lente rispetto alla durata della vita umana e si esplicitino in molteplici modalità, ci priva di quella desiderabile verifica causa-effetto che in altri settori della scienza è talora più netta, ma meno diffusa di quanto si immagini. Se prendiamo la medicina, vediamo che sono ancora molte le patologie mal conosciute. Non per questo si rinuncia alla cura. E considerando il fumo, pur nella concorde affermazione della sua tossicità, nessuno è disposto a credere che quelle cupe minacce stampate sul pacchetto di sigarette si verificheranno proprio su di sé molti anni più tardi. Se le sigarette uccidessero all´istante, il nesso causa-effetto sarebbe chiarissimo e nessuno fumerebbe.
Così le grandi aziende dichiarano di volere sensibilizzare le giovani generazioni sui comportamenti eco sostenibili. Il caso dell’Eni, guidato dall’ad Paolo Scaroni
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