martedì 14 ottobre 2008

Frattini: il pacchetto sul clima va rinegoziato a Bruxelles

Quanto costerà alle industrie e alle economie nazionali il piano europeo contro le emissioni di CO2, il biossido di carbonio? Forse troppo, soprattutto con la crisi finanziaria che ora sconvolge i mercati, e con la recessione che picchia alle porte un po' dovunque: e forse per questo, nella lotta al cambiamento climatico, bisognerà pensare a tempi più lunghi, pur non cambiando gli obiettivi di fondo.Questo dubbio esprime l'Italia, anzi chiede all'Unione Europea una «valutazione di impatto». E la Francia, presidente di turno della Ue, sembra stare al suo fianco, con il ministro degli esteri Bernard Kouchner che — al vertice appena tenuto nel granducato del Lussemburgo — loda il piano anti-CO2 parlando con il suo omologo italiano Franco Frattini, ma si augura anche che sia un progetto «sostenibile», nel senso economico della parola. Traduzione: se le industrie già colpite dalla crisi dovranno pagare in soldoni troppi «permessi di emissioni inquinanti», o dovranno imbavagliare troppi tipi di produzione, il piano anti- CO2 potrà fare più male che bene. Timore confermato dalle industrie automobilistiche, che chiedono lo stesso tipo di aiuto pubblico già offerto alle banche. «Non sarà facile per i politici — parole del commissario europeo all'Industria, Guenter Verheugen — spiegare ai lavoratori perché centinaia di miliardi siano a disposizione del sistema bancario, ma non avviene lo stesso quando un intero settore industriale è in difficoltà». Risposta degli ambientalisti: la vera emergenza è in ogni caso quella climatica, e la salute umana è più importante dei bilanci aziendali.Il perno dello scontro è l'ormai celebre «modello 20-20-20», messo nero su bianco nello scorso gennaio: 20% in meno di emissioni inquinanti, 20% in più di efficienza energetica, 20% in più di energia tratta da fonti rinnovabili. Su questo crinale, si dipana la schermaglia che sta dividendo tutta la Ue. E «la situazione è fluida», come dice Frattini. Il luogo dove molto si decide, è probabilmente Berlino: la Germania — patria, come Italia e Francia, di colossi dell'automobile — per ora fa l'osservatore silenzioso. Ma prima o poi, dovrà parlare. Spagna, Polonia, Repubblica Ceca e Romania sembrano invece fiancheggiare l'Italia e la Francia.A gennaio, anche l'Italia aveva approvato il piano presentato dalla Commissione Europea. Ma oggi, come ha spiegato Frattini, «il mondo è cambiato». Sono saliti i prezzi petroliferi e alimentari; e c'è stata la «tempesta perfetta», negli Usa e in Europa.I governi corrono al salvataggio delle banche, ma tutto ciò ha un costo: «Abbiamo appena deciso di drenare centinaia di miliardi di liquidità — ha detto ancora il capo della Farnesina — non possiamo dare con una mano e con l'altra bastonare ». Di qui, l'asserita necessità di una valutazione d'impatto: «non per fermare» il piano anti-CO2, ma per capire, ad esempio, «che cosa accade se queste misure saranno attuate solo dall'Europa e non dagli altri grandi attori mondiali, Usa, Cina, Brasile, India». (Dal Corriere della Sera)

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