lunedì 27 ottobre 2008

Ambiente, l'allarmismo non paga

Bjorn Lomborg, FONDATORE DEL COPENHAGEN CONSENSUS

A vete notato che i militanti ambientalisti quasi immancabilmente non si limitano a dire che c'è il riscaldamento globale e che è un male, ma anche che quello a cui stiamo assistendo è perfino peggio di quanto ci aspettassimo?È strano, perché qualunque approccio sensato ai procedimenti scientifici indurrebbe a pensare che, man mano che affiniamo le nostre conoscenze, scopriamo che le cose a volte vanno peggio e a volte meglio di quello che ci aspettavamo, con una distribuzione fra cattive e buone notizie che verosimilmente dovrebbe essere di 50 e 50. Per i militanti ambientalisti, invece, è quasi immancabilmente di 100 a 0.Se le sorprese sono regolarmente nella stessa direzione, se i nostri modelli vengono smentiti da una realtà che va peggiorando sempre più, vuol dire che il nostro approccio scientifico non è granché solido. Si potrebbe dire che se i modelli si sbagliano costantemente, probabilmente la ragione è che sono sbagliati. E se non possiamo fidarci dei nostri modelli, non possiamo sapere quali provvedimenti assumere per cambiare le cose.Ma se fatti nuovi ci dimostrano costantemente che le conseguenze dei cambiamenti climatici si stanno aggravando sempre di più, forse le nobili argomentazioni sul metodo scientifico non sono tanto convincenti. Sembra che questa sia la scommessa imperante nel vortice del riscaldamento globale: è sempre peggio di quello che pensavamo e quindi i nostri modelli si sono rivelati inadeguati, ma nonostante questo scommettiamo di sapere che cosa bisogna fare: tagliare drasticamente le emissioni di anidride carbonica (CO2).Ma che i dati sul clima siano sistematicamente peggiori di quanto previsto è semplicemente falso; in molti casi rispettano le previsioni o addirittura sono migliori del previsto. Il fatto che si senta dire il contrario è una dimostrazione del fatto che i media sono sempre a caccia della notizia allarmante, ma una politica intelligente non può basarsi su questo.Il punto più ovvio riguardo al riscaldamento globale è che il Pianeta si sta riscaldando. Nell'ultimo secolo si è riscaldato di circa un grado centigrado e l'Ipcc,il gruppo diesperti sul clima delle Nazioni Unite, prevede che si riscalderà ulteriormente in questo secolo per un livello compreso tra 1,6 e 3,8 gradi, per colpa principalmente dell'aumento della CO2. Facendo la media di tutte le 38 elaborazioni standard messe a disposizione dall'Ipcc emerge che i modelli prevedono un incremento della temperatura per questo decennio di circa 0,2 gradi.Ma non è quello che si è verificato. E ciò vale per tutte le misurazioni della temperatura sulla superficie terrestre, e ancora di più per le misurazioni effettuate dal satellite. In questo decennio, le temperature non sono aumentate più del previsto: anzi, non sono aumentate affatto. In realtà sono diminuite tra 0,01 e 0,1 gradi per decennio. Nel caso di quello che è l'indicatore più importante del riscaldamento globale, cioè l'evoluzione delle temperature, dovremmo sentirci dire in realtà che i dati sono molto meglio del previsto.Un caso analogo, e direi molto più importante, è quello dell'entalpia (il calore totale) degli oceani negli ultimi quattro anni, che, laddove si dispone di misurazioni, risulta diminuita. Premesso che l'energia prodotta dalla temperatura può scomparire con relativa facilità attraverso l'atmosfera, non è chiaro dove sarebbe dovuto finire il calore del riscaldamento globale: e sicuramente anche questo è un dato migliore del previsto.Sentiamo continuamente dire che il Mar Glaciale Artico sta scomparendo più in fretta del previsto, e questo è vero. Ma gli scienziati più seri dicono anche che il riscaldamento globale è solo uno dei fattori all'origine di questo fenomeno. Pesa anche la cosiddetta Oscillazione Artica, cioè le variazioni dei venti che soffiano sull'Oceano Artico, e che attualmente si trova in uno stato che non consente l'accumulo di ghiaccio vecchio, che per la maggior parte viene scaricato nell'Atlantico Settentrionale.Una cosa ancora più importante è che quasi mai sentiamo dire che il ghiaccio marino nell'Antartico non solo non diminuisce, ma l'ultimo anno è stato al di sopra della media. I modelli dell'Ipcc prevedono una diminuzione del ghiaccio marino in entrambi gli emi-sferi, ma mentre nell'emisfero boreale le cose vanno peggio del previsto, in quello australe vanno meglio.L'ironia è che l'Associated Press, insieme a molti altri organi di stampa, ci ha raccontato nel 2007 che «l'Artico grida aiuto» e che il Passaggio a Nordovest era aperto «per la prima volta nella storia conosciuta». Eppure la Bbc già nel 2000 aveva comunicato che il leggendario Passaggio a Nordovest era sgombro dai ghiacci.Siamo costantemente inondati di articoli che ci dicono che i mari si alzeranno, che è uscito un nuovo studio che ha scoperto che le cose andranno molto peggio delle previsioni dell'Ipcc. Ma la maggior parte dei modelli hanno fornito risultati compresi nel range dell'Ipcc, che pronostica un incremento del livello dei mari tra i 18 e i 59 centimetri per questo secolo. È per questo ovviamente che le migliaia di scienziati dell'Ipcc avevano lasciato quella forbice. Ma uno studio che proclama che i mari saliranno di un metro o più è una notizia più ghiotta per i media.Dal 1992, abbiamo satelliti che misurano l'innalzamento del livello dei mari e questi satelliti hanno rivelato un incremento stabile di 3,2 millimetri all'anno, esattamente in linea con la proiezione dell'Ipcc. E per di più negli ultimi due anni il livello del mare è rimasto fermo (anzi, è leggermente calato). Non dovremmo sentirci dire che le cose vanno molto meglio del previsto?Gli uragani erano l'immagine dominante del famoso film di Al Gore sui cambiamenti climatici, e indubbiamente gli Stati Uniti sono stati colpiti pesantemente nel 2004 e nel 2005, scatenando previsioni di un futuro fatto di tempeste sempre più forti e costose. Ma nei due anni trascorsi da allora, i costi sono rimasti molto al di sotto della media, praticamente a zero nel 2006. Le cose vanno decisamente meglio del previsto.Gore ha citato Kerry Emmanuel, il ricercatore del Mit esperto in uragani, a sostegno di un presunto consenso scientifico sulla tesi che il riscaldamentoglobale starebbe rendendo gli uragani molto più devastanti. Ma Emmanuel ora ha pubblicato un nuovo studio che dimostra che anche in un pianeta con un riscaldamento accentuato, la frequenza e l'intensità degli uragani potrebbe rimanere sostanzialmente invariata per i prossimi due secoli. Queste conclusioni non hanno trovato grande attenzione sui media.Naturalmente, non tutto va meglio di quello che credevamo. Ma le esagerazioni a senso unico non servono a nulla. C'è urgente bisogno di equilibrio se vogliamo fare scelte sensate. (Dal Sole 24 Ore)

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