mercoledì 25 marzo 2009

I cambiamenti climatici si studiano con le nanotech

C he cosa hanno in comune i ricercatori italiani e quelli svedesi? La risposta, nient'affatto scontata, è affidata a Lars Leijonborg, ministro per l'Istruzione e la Ricerca del Governo di Stoccolma, in visita ufficiale in Italia insieme ai Reali di Svezia.«Italia e Svezia- spiega Leijonborg, 59 anni, da due e mezzo al Governo - intendono investire insieme nella ricerca sui neutroni, nelle nanotecnologie, negli studi e l'esplorazione della regione artica per trarre informazioni utili sul cambiamento climatico ». Aree di studio comuni tra scienziati italiani e svedesi e che oggi saranno oggetto di una dichiarazione congiunta tra Leijonborg e il ministro Mariastella Gelmini, nel corso del Forum Italia-Svezia organizzato da Confindustria.Italia e Svezia svilupperanno programmi congiunti?I due Paesi già collaborano,al di là dell'esistenza di accordi formali. Il progetto più concreto su cui lavoreremo insieme riguarda lo sviluppo di nuovi materiali attraverso la cosiddetta "spallazione" dei neutroni (è il processo che avviene quando particelle ad alta energia impattano nuclei di atomi producendo un flusso di neutroni, poi impiegati per produrre materiali artificiali, ndr). Inoltre esistono scienziati italiani molto competenti nello studio del Polo Nord e dei cambiamenti climatici, con i quali intensificheremo la partnership. Altri campi che rientreranno nell'accordo con il ministro Gelmini sono le nanotecnologie, l'energia sostenibile, l'alimentazione e la pesca.Investimenti ancora scarsi e legami carenti tra aziende e Università: sulla ricerca l'Italia cerca ancora un modello. Qualè l'esperienza svedese?Possiamo dire di essere tra i vertici a livello mondiale per spese dedicate alla ricerca in rapporto al Pil. L'Agenda di Lisbona poneva come obiettivo il 3%, con un punto di derivazione pubblica e un punto dai privati. La Svezia si posiziona sul 4%, con 3 punti di investimento privato. Per un ministro come me, il vantaggio è avere in casa dei giganti come Ericsson nelle telecomunicazioni e AstraZeneca nella farmaceutica, ciascuno dei quali con la sua ricerca copre quasi l'1% del Pil. Un altro punto di Pil arriva da Volvo e da altre grandi aziende private. Per quanto riguarda poi il rapporto tra le imprese e l'università, direi che il punto di vista di un ministro della Ricerca è molto parziale. Il tema decisivo è un altro...A che cosa si riferisce?Al clima e alle condizioni del fare impresa. Se manca questo, la ricerca resta per forza di cose in laboratorio. Se sei un ricercatore e sviluppi un'invenzione che potrebbe costituire un vero breakthrough tecnologico nel campo della medicina, devi essere messo in condizione di commercializzare la tua idea. Il Governo svedese, a questo scopo, attraverso degli Innovation center creati nelle università favorisce la diffusione del capitale di rischio nella fasi di "very early stage" e fornisce assistenza per passare alla commercializzazione.Quali criteri vengono seguiti nella distribuzione delle risorse pubbliche?Innanzitutto quello del merito. La quantità dei fondi che attribuiamo alle singole università è vincolata alla valutazione dei risultati conseguiti nell'anno precedente. Sui contenuti siamo fortemente orientati alla ricerca di base, sostanzialmente libera, guidata dal mercato, ma senza deviare eccessivamente dalle aree che secondo i contribuenti e la politica saranno strategiche nei prossimi anni: medicina, clima e tecnologie al loro servizio. Ci sono alcuni grandi obiettivi scientifici ai quali, non solo la Svezia ma tutta l'Europa, deve puntare: le grandi battaglie della medicina contro il cancro, l'Alzheimer, l'Aids; l'avvento su larga scala dell'auto elettrica; i sistemi per la cattura del carbonio.La Svezia ha appena compiuto una clamorosa retromarcia tornando al nucleare. Per quale motivo?La sospensione decisa nel 1998 non è stata risolutiva e ha lasciato grandi divisioni nel Paese. Adesso siamo arrivati a una sorta di storico compromesso: i reattori esistenti potranno essere sostituiti da nuovi impianti e di pari passo si svilupperanno sia la ricerca sul nucleare di quarta generazione sia quella sulle fonti rinnovabili come l'eolico, le biomasse, il solare.A giugno in Italia si svolgerà il G8 della scienza. Da osservatore esterno, la Svezia ha dei suggerimenti?A mio parere bisogna dare priorità agli obiettivi che ho appena indicato. Ma soprattutto credo che anche in questa fase di crisi internazionale occorra aumentare gli investimenti in ricerca seguendo la strada tracciata negli Stati Uniti da Barack Obama. In Europa solo una cifra intorno al 6% degli investimenti pubblici per la ricerca è finanziata da Bruxelles: troppo poco. Oggi ho incontrato anche il vostro Presidente Giorgio Napolitano, che mi è parso molto sensibile su questo tema. (Dal Sole 24 Ore)

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