Ore otto, lezioni di vittoria. John Podesta e David Plouffe in cattedra, una ventina di delegazioni di partiti progressisti sedute attorno a loro nella sede del «Center for American Progress» e a seguire una cena di gala nella residenza dell’ambasciatore della Spagna di Zapatero, lo stesso diplomatico che hai tempi di George W. Bush faceva fatica a rimediare un invito a pranzo. Nasce così «Global Progress», l’iniziativa lanciata dallo stakanovista Podesta - ex capo del team di transizione di Barack Obama - e dal suo braccio destro britannico Matt Browne - già a fianco di Tony Blair a Downing Street - per creare una nuova alleanza progressista fra l’America di Obama e i partiti della sinistra disseminati nel resto del Pianeta.«Negli anni Novanta la vittoria di Bill Clinton aprì una nuova stagione per i progressisti - dice Browne - ma la Terza Via fu una fase che coincise con l’ottimismo e il benessere, ora con Obama inizia un’altra era, dobbiamo studiare assieme, americani ed europei, come affrontare i problemi più urgenti per tutti». Sono temi e gruppi di lavoro delle due giornate di sessioni a ritmi molto sostenuti che descrivono la nascente agenda comune: la crisi economica «da risolvere con un Global New Deal» coordinando misure anti-recessione a partire dal summit del G-20 a Londra; i cambiamenti climatici che minacciano il Pianeta a cui rispondere con una «Green Economy» che «guardi oltre il summit di fine anno in Danimarca»; le minacce alla sicurezza che vengono dall’Afghanistan e dal Pakistan «a cui dobbiamo pensare dopo il ritiro delle truppe dall’Iraq» come sottolinea Browne.Il parterre degli invitati rispecchia la galassia dei progressisti del XXI secolo presenti in più continenti: ci sono canadesi e cileni, britannici e italiani, australiani e svedesi, neozelandesi e sudafricani, tedeschi, francesi e ungheresi. E’ stato Podesta in persona a curare la lista degli inviti, al fine di non escludere nessuno. E’ la genesi di un’internazionale obamiana che punta a ripetere altrove la ricetta di Barack: il primo passo per riuscirci è condividere con gli alleati i trucchi della vittoria.Ad aprire, e poi a concluderli, i lavori è Podesta, l’ex capo di gabinetto di Clinton che fu già artefice del progetto della «Terza Via» con l’Europa di Blair, Schroeder, Jospin e Prodi. Ora la sua esperienza serve all’amministrazione Obama per crearsi un proprio network, diverso da quello dei Clinton. «Serve un pensatoio globale per affrontare questi tempi di crisi, dobbiamo avere rapporti diretti, strutturati, attorno ad eventi comuni per produrre idee nuove per i governi» spiega Podesta, definendo le imminenti elezioni europee «una scadenza molto importante». Podesta da un lato è l’uomo a cui la Casa Bianca guarda per coordinare il messaggio con i partner progressisti e dall’altra è il veterano del partito democratico che si offre ai socialisti stranieri per facilitare l’accesso alla nuova amministrazione.Dopo di lui, tocca a Plouffe. È l’intervento più atteso. Il mago della vittoria elettorale di Obama non smentisce le aspettative e snocciola uno ad uno i segreti del ko inferto a Hillary Clinton prima e John McCain poi. «Internet è solo uno strumento» esordisce suscitando non poche sorprese, spiegando che ciò che conta è «coinvolgere le persone e mobilitarle» facendo leva su una «messaggio» che deve basarsi oggi «anzitutto sui valori», come fu in America ai tempi di Ronald Reagan. «La gente vota più sui valori che sui programmi» ed è tale approccio che ha consentito a Obama di raccogliere milioni di volontari «vincendo grazie a giovani e nuovi votanti» con il risultato di infliggere ai repubblicani una cocente sconfitta perché «non hanno perso solo un’elezione ma un’intera generazione». (da La Stampa)
Che cosa fanno i grandi gruppi petroliferi per l’ambiente. Questo è quello che l’Eni, su iniziativa dell’amministratore delegato Paolo Scaroni, dichiara di fare ogni anno.
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